Erano le 2 di notte di un gelido inverno: ero sola nel vagone del treno che, l’indomani, da Milano mi avrebbe portato a casa a Cosenza, quando, presa dalla noia iniziai a masturbarmi con foga, sicura di non essere scoperta visto che il treno era semi-deserto. Prima di spalancare le gambe per darmi piacere mi ero ovviamente sincerata della mancata presenza di persone nei paraggi, inoltre, per evitare di essere scoperta nel caso fosse entrato qualcuno, avevo bloccato la porta e chiuso tende dall’interno, in modo che neanche il capotreno avesse potuto sbloccarla e vedermi… o almeno era quello che credevo…. Dopo 15 minuti trascorsi ad infilarmi le dita in figa, a stantuffare con forza con i miei amati cazzi di gomma e a leccarmi i turgidi capezzoli delle mie tettone, vengo colta di soprassalto da una voce che mi urla: “so cosa stai facendo, puttana vogliosa!” Spaventata, ma allo stesso tempo eccitata, mi fiondo subito ad aprire le tendine, senza preoccuparmi neanche di rivestirmi: era il capotreno, anch’egli intento a masturbarsi. Mentre guardavo sorpresa ed estasiata il suo cazzone, continuando a masturbarmi, mi chiedevo come avesse fatto a scoprirmi. Non feci neanche in tempo a pensarlo, che l’uomo, un 50 enne calvo e obeso di 55 anni, ma con un cazzone tanto grande, lungo e duro in grado di far impallidire persino Rocco Siffredi, Ron Jeremy e John Holmes forse “leggendomi nel pensiero”, mi indicò una telecamerina posizionata sopra al divanetto sul quale avevo iniziato a masturbarmi. Mi sentivo violata, avrei voluto denunciarlo: non aveva nessun diritto di spiare i passeggeri, avrei potuto rovinarlo, fargli perdere il posto di lavoro, ma ero troppo eccitata da quel suo enorme cazzone per farlo. Eppure gliela avrei fatta pagare. Come? Lasciandolo fuori dalla porta del vagone e continuando a masturbarmi per delle ore, urlando e gemendo come una maiala in compagnia dei miei fantastici vibratori. Lo vedevo e sentivo gemere come un vero maiale facendo su e giù sempre più forte con la mano sul suo fantastico cazzone, mentre io, dal canto mio, a gambe spalancate, gli mostravo la mia figa slabbrata dai troppi cazzi presi nel corso degli anni e ci sbattevo dentro i miei amatissimi uccelli di gomma: ce l’avevo in pugno, era letteralmente fuori controllo, al punto che non si preoccupava più della salita e della discesa dei passeggeri e mi pregava di non smettere per qualunque cosa al mondo. Ed io ovviamente non lo feci…
Continuai ad infilarmi un vibratore in figa, per poi passarlo nel mio bel culetto: ogni qualvolta lo avvicinavo al mio buchetto urlavo di dolore e piacere come una vera cagna in calore, finendo per mandarlo in visibilio.
Ci masturbammo per delle ore quella notte, fissandoci di continuo con i nostri sguardi perversi e carichi di desiderio, eppure a nessuno di noi venne il desiderio di aprire la porta e scopare. Crollammo dopo 5 ore di performance autoerotica, svegliandoci, l’indomani, ognuno nel proprio lago di sborra ed umori. Fortuna volle che quel treno fosse veramente deserto: non oso pensare che scandalo sarebbe stato per i miei genitori, la loro brava figlioletta, studentessa esemplare, attivista convinta beccata a masturbarsi e stuzzicare su un treno un capotreno depravato che aveva la loro età. Un depravato che però si rivelò un vero signore, visto che, quando spalancai la porta del vagone, mi sorrise come se nulla fosse successo, mi aprì celermente la porta del treno e mi augurò un buon rientro a casa augurandosi che il viaggio fosse stato di mio gradimento. Lo era stata fin troppo, un cazzone del genere non si scorda! Sono mesi ormai infatti che prendo quel treno di notte e inizio a masturbarmi con la speranza di rincontrarlo. Vorrei tanto che questo mio sogno divenisse realtà: dove sei mio amato stallone dall’uccellone enorme? Quanto tempo dovrò trascorrere ancora a masturbarmi sul treno di notte, con la speranza di incontrarti nuovamente?