Si incontravano ormai da un anno. Clandestinamente. Lei arrivava con la sua macchina verde che cercava di mimetizzare tra gli alberi. La Clio nera di lui si insinuava dentro l’oliveto e ospitava le loro notti di sesso e inquietudine. Era bella Mara. Lunghi capelli biondi con riflessi rame lambivano le sue forme delicate. Vivaci occhi verdi, che diventavano grigi quando il cielo era nuvoloso. Labbra carnose e turgide. Igor aveva un anno più di lei. Era un ragazzo selvatico, poco incline alle relazioni umane, ma piuttosto bravo a letto.
Si erano conosciuti all’università. Lei frequentava il corso di sociologia, lui sistemava le aiuole del giardino della nuova ala dell’edificio. Mara lo aveva trovato davvero sexy con la tuta da lavoro incollata al corpo dal caldo. Il sudore brillava sotto il sole e i capelli umidi erano raccolti in una coda. Anche Igor aveva notato la sensuale eleganza di Mara e per tentare un approccio le aveva chiesto una sigaretta. Avevano fumato assieme scrutando l’uno negli occhi dell’altra in cerca di qualche conferma. Lui sentiva il suo sesso irrigidirsi, quasi a scoppiare, quando lo sguardo si posava sui suoi capezzoli turgidi che sembravano voler bucare l’esile magliettina bianca di cotone.
Mara aveva già una relazione. Durava da 7 anni. Anni di litigi, di pianti e di porte sbattute. Anni di sesso sterile e inappagante, fatto come si fa la fila alle poste, perché si deve, non perché si ha voglia. Quante volte avrebbe voluto mettere la parola fine a quella storia, ma non era mai riuscita, non poteva, aveva paura di quell’uomo che minacciava di togliersi o di toglierle la vita se l’avesse lasciato. Non c’era via di fuga. Tutti pensavano che si sarebbero sposati, i genitori di lei, quelli di lui, le sue amiche. Già, le sue amiche, quelle a cui tante volte aveva confidato le sue frustrazioni, la sua disperazione silenziosa in cui confinava un’insoddisfazione sessuale senza fine. Lui la prendeva quasi con la forza, esigeva il sesso. Lei si abbassava pantaloni e slip e guardava il soffitto aspettando che lui venisse. Poi si puliva e rimetteva in ordine i vestiti. Ma con Igor no, con lui era tutto diverso.
Avevano fatto sesso il giorno stesso in cui si erano conosciuti, era stata un’attrazione fisica travolgente. Si erano dati appuntamento nell’oliveto di lui, a circa 30 km dalla città. Mara aveva corso con l’auto, voleva arrivare subito tra le sue braccia, voleva assaporare il gusto di quell’uomo che sapeva di terra e tabacco. Voleva affondare il naso fra i suoi lunghi capelli, accarezzare le sue natiche sode e farsi scopare selvaggiamente.
Arrivata nell’oliveto aveva parcheggiato l’auto infondo, in modo da non essere vista dalla strada. Aveva trovato una scusa per uscire da sola. Aveva detto che doveva preparare un esame con una sua collega e sarebbe rimasta da lei a dormire. Era scesa dall’auto col timore di non trovarlo, ma lui era già li. Il cuore le scoppiava nel petto, poteva sentire ogni battito. Si stava bagnando dal desiderio. Appena entrati nella macchina di lui si erano avvinghiati in preda all’istinto animale. Lui le aveva afferrato i capelli per morderle il collo, proprio sotto la nuca, sui tendini. La eccitava da morire, non poteva trattenere i gemiti. Mara aveva i capezzoli duri e dritti. La sua mano scivolava furtiva sul petto di Igor, s’intratteneva a giocare coi morbidi peli e scendeva giù verso l’addome. Lambiva con le dita birichine l’elastico dei boxer. Tirava e pizzicava tra i sussulti di lui che mordeva sempre più forte, come un animale, come in preda a un istinto ancestrale indomabile. Il respiro di entrambi era sempre più corto, sempre più cadenzato, sempre più voglioso. Ma non volevano consumare subito l’atto, volevano gustare ogni singolo istante di quel primo incontro, esplorando a tentoni i corpi nel buio, annusando gli odori dentro l’abitacolo. La mano di Mara scivolava indisturbata sul pene di Igor. Un sussulto mentre affondava i denti con più decisione sul collo bianco della donna. Il pene era di marmo, grosso e duro come mai prima aveva avuto modo di sentire. Quello del suo fidanzato era di dimensioni ridicole a confronto. Ma quello di Igor no, quello era proprio un signor cazzo, caldo, duro e grosso. Si sentiva girare la testa, palpava il pene di lui e si sentiva cadere come in trance. Ormai ansimava a voce alta, i suoi gemiti erano sempre più simili a delle grida. L’oliveto era buio e silenzioso. In lontananza si potevano a malapena percepire le poche auto che passavano da quelle parti a quell’ora.
Mara aveva sempre desiderato essere presa con passione, con forza, con un’aggressività quasi felina e Igor era come un grosso puma che le balzava addosso tirando fuori la sua parte più porca, quella che si era sempre vergognata di ascoltare, ma che con lui veniva fuori in un modo così naturale, così vero, per nulla volgare. Ora lo desiderava, desiderava con prepotenza i suoi baci violenti, voleva sentirlo ansimare su di lei mentre la mordeva e le tirava i capelli. Mara desiderava quel grosso pene dentro di lei mentre lo afferrava e faceva scorrere la mano per tutta la lunghezza, stringendo e rilassando la mano sulla cappella. Poi un fremito. Igor si era abbassato i pantaloni e lei aveva afferrato i boxer strappandoglieli verso il basso. Il pene era davanti alla sua bocca, grande, eretto. Una perfezione scultorea degna dei migliori maestri fiorentini. Mentre se lo infilava in bocca sentiva le vene delle tempie pulsare fino quasi a esploderle. Igor mugolava di piacere. Non voleva farla succhiare troppo a lungo, voleva infilarle il cazzo dentro. Si era fermata. Igor le era balzato sopra, facendo scivolare la mano ruvida e calda dentro le sue mutandine. Non c’era che un piccolo ciuffo di peli a ostacolarlo. Con un dito accarezzava il bordo umido delle grandi labbra, fino a raggiungere il clitoride. Premeva e accarezzava, mentre Mara moriva di piacere tra le sue braccia. Era sfinita, non ce la faceva più, voleva essere penetrata con forza, con rabbia. Igor premeva il suo pene contro la vagina di Mara. Un urlo di godimento. Spingeva e spingeva, mentre con le mani le stringeva il collo. Si muoveva oscillando dentro di lei ansimando sulla sua faccia.
L’alito di tabacco penetrava dentro le narici di Mara. Godeva. Godeva ed era felice. “Scopami, scopami fino a farmi morire” pensava. I gemiti si erano uniti in un coro cadenzato, sempre di più, sempre di più fino a raggiungere l’apice. Urlavano assieme dentro l’auto coi vetri appannati, come due lupi affamati di sesso.
Era stato sempre così tra loro, almeno, a quanto mi è dato di sapere.