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Un incontro casuale

Erano le 18:00 di sera di una grigia sera d’inverno quando la mia carissima amica Martina mi telefonò per informarmi dell’ennesimo tradimento di mio marito: l’aveva visto con i suoi occhi in compagnia di una procace biondona con delle tette da favola e delle labbra da vera pompinara incallita. Piangevo e urlavo al telefono, ero distrutta ed incazzata nera !! Avrei voluto tagliargli l’uccello come fece Lorena Bobbit con suo marito: quel porco, quel maiale schifoso, non facevo altro che ripetere queste parole, mentre Martina cercava di consolarmi e voleva a tutti i costi che trascorressi la notte da lei. A suo dire, non farmi trovare a casa, abbandonarlo di punto in bianco sarebbe stata la migliore punizione per quel porco, avrei dovuto solo prendere le mie cose e via, visto che non avevamo figli e Martina mi avrebbe ospitato e dato tutto il supporto necessario con piacere dato che viveva da sola. E fu così che quella sera presi tutti i miei vestiti e i miei oggetti personali e salutai la mia casa per l’ultima volta, giurando che mai e poi mai c’avrei rimesso piede: ovviamente non prima di rompere tutti i vetri della casa e lasciare una scritta sul muro in cui auguravo a mio marito una morte lenta e atroce. Uscì di casa con foga, stizzita ma allo stesso tempo come sollevata, è come se avvertissi un profumo di libertà, una libertà che mi era a lungo mancata, che avevo esplorato a lungo nell’adolescenza e nella prima giovinezza, uno spazio “sacro” che mio marito mi aveva tolto da diversi anni a causa della sua irrefrenabile gelosia a cui non ero mai riuscita a ribellarmi: lo amavo troppo, povera stupida! Per fortuna ero rinsavita, meglio tardi che mai, era giunta l’ora di liberarmi dalle catene, di fargliela pagare a quel figlio di puttana. Corsi velocemente, desiderosa di raggiungere il prima possibile casa di Martina. Non vedevo l’ora di abbracciarla, di confidarle tutte le emozioni che avevo dentro me. Per fortuna la sua casa ero poco distante dalla mia: citofonai con foga, lei mi aprì il portone, ma nell’entrare nel palazzo, incontro una piacente ragazza di nome Ingrid con aria disperata mi disse che l’ascensore era guasto e che avrebbe dovuto salire ben 14 piani a piedi. Io la rassicurai, dicendole che almeno avrebbe avuto compagnia visto che anch’io ero diretta al 14°piano. E fu così che fra sorrisi e battute iniziamo a salire le scale un po’ alla volta, a fare conoscenza parlando del più e del meno, una conversazione fugace fra sconosciute che sarebbe rimasta tale se io, maldestramente, non fossi andata a sbattere con la mano sulla figa di Ingrid mentre salivamo le scale: una manata che si rivelò piuttosto imbarazzante, visto che la ragazza indossava una minigonna cortissima, in pratica mi ritrovai le sue mutandine di seta nera fra le mani. Non ebbi neanche il tempo di scusarmi per quel che era accaduto che subito Ingrid mi afferrò la mano con forza, invitandomi a sditalinarla con foga: “dai, fammi godere qui sulla tromba delle scale, ho capito sin da subito che sei una vera porca. Ho dei fantastici cazzi di gomma nella borsetta, divertiamoci insieme”. Rimasi esterrefatta dalle sue parole, ma ubbidii ai suoi ordini, iniziai a sditalinarla con forza dopo averle strappato le mutandine e nel sentirla gemere come una cagna in calore iniziai a leccargli la figa già grondante di umori: ero terribilmente eccitata, stavo lesbicando nelle scale di un palazzo con una sconosciuta, incurante del fatto che chiunque avrebbe potuto aprire la porta e vedermi, denunciarmi…. e cosa sarebbe accaduto se Martina fosse venuta a cercarmi? Erano tante le domande che si insinuavano nella mia testa, eppure non potevo fare a meno di continuare a leccare la figa di Ingrid che nel frattempo mi sbatteva un bel cazzo di gomma nel culo. Ero così presa dal piacere che non smisi di ansimare con foga anche quando mi accorsi che qualcuno stava scendendo dal piano superiore: era il portiere del palazzo, che nello scorgere questo spettacolino saffico ci intimò di continuare a fare quel che stavamo facendo dinanzi a lui, altrimenti ci avrebbe denunciato, mentre si segava con foga. E così facemmo, fin quando lui non venne sborrandoci in faccia per poi invitarci a rivestirci. Nel farlo, ci confessò che era stato lui a bloccare l’ascensore, lo faceva di frequente per spiare le donne che salivano le scale, visto che abitava ai primi piani, ma mai prima di allora gli era capitato di assistere ad una lesbicata. Sbloccò l’ascensore e ci accompagnò al 14°esimo piano ed in risposta alla mia amica Martina, visibilmente preoccupata per il mio ritardo, urlò che ero una porca libidinosa e se non voleva uno scandalo, avremmo dovuto lesbicare per le scale ogni venerdì, mentre lui si masturbava. Un subdolo ricatto che coinvolse anche Ingrid, che scoprì essere l’amica di “giochi” di Martina. Son trascorsi 2 anni da allora: oggi vivo in pianta stabile a casa di Martina insieme a lei e ad Ingrid, con la quale abbiamo dato vita ad un formidabile triangolo lesbo ed ogni venerdì ci slinguazziamo con foga appassionatamente nelle scale del palazzo, sotto lo sguardo compiaciuto di quel porco del portiere.

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