Mi chiamo Tania, ho 18 anni e tutti mi credono una ragazza modello, studiosa e timorosa di Dio: faccio parte degli scout da quando avevo 7 anni, sono volontaria nella Croce Rossa del mio piccolo paesino alle porte di Roma da 4 anni, la domenica non manco mai ad una messa, eppure il mio Natale 2014, quello appena trascorso, fra canti, preghiere, calore familiare, buoni sentimenti e propositi per il nuovo anno, mi ha fatto scoprire la verità sul mio conto: sono una gran puttana! Cosa??? Sì e vi spiego il perché. Chi mi conosce sa che ho sempre detto di voler arrivare vergine al matrimonio e quanto i miei genitori ci tengano a questo “traguardo”, più cattolici e bigotti di me, austeri e repressivi. Mi hanno cresciuta con il timore del sesso, facendomelo vedere come qualcosa di sporco, da evitare a tutti i costi, inscindibile dall’amore. E io ero convinta del fatto che mai e poi mai sarei finita per essere sopraffatta dagli istinti primordiali, concedendo le mie grazie al primo che passa. Povera illusa, povera scema, lurida troia ipocrita che non sono altro.
Era la notte di Natale, quando di ritorno dalla consueta messa della mezzanotte alla quale avevo partecipato in compagnia dei miei genitori, quando Rocco, il padre della mia amica Sara, costretta a casa con la varicella, l’unica malattia infettiva che non aveva ancora preso a quell’età, mi invita a passar da loro, dicendomi che la mia amica aveva bisogno di vedermi, erano settimane che la mia amica era a letto.Il padre di Sara era convinto che il calore umano di un’amica l’avrebbe aiutata a riprendersi o perlomeno alleviato le sue sofferenze. Convinsi i miei genitori a lasciarmi andare, visto che non correvo alcun pericolo: avevo avuto la varicella all’età di 12 anni, pertanto non ero a rischio contagio. E fu così che salì nell’auto del padre di Sara con l’obiettivo di dare un po’ di conforto alla mia amica.
Mentre eravamo in auto, mi accorsi che Rocco sembrava diverso rispetto al solito, spiritoso e spigliato. In genere era una persona timida, riservata, schiva, uno che non fa mai domande, invece, quella sera, non faceva altro che chiedermi di me, di come trascorressi il tempo libero, di quali fossero le mie passioni, se avevo un ragazzo, etc. Ero sorpresa di questo suo cambiamento, ma pensai che questa sua loquacità fosse dovuta al clima natalizio. Mentre pensavo fra me e me cosa rispondergli, e mi confessò che aveva bevuto qualche bicchiere di troppo e che ciò gli aveva permesso di lasciarsi andare, manifestare il suo interesse nei miei confronti, che era stanco di essere un padre ed un marito esemplare, visto da tutti come un esempio da seguire.
Risi di fronte alle sue confessioni, pensando ad uno scherzo, ma quando finimmo per sbattere contro un albero di Natale capì che era tutto vero: aveva davvero bevuto. Per fortuna quell’incidente non si rivelò particolarmente rovinoso, lui non si fece nulla, io mi slogai una caviglia, ma nonostante il dolore, non riuscì a fare a meno di ammirare stupefatta quell’enorme albero di Natale contro il quale eravamo andati a sbattere. Era lì, enorme e tutto adornato nel centro della piazza del paese semideserta, un vero spettacolo a cui assistevo incantata come una bambina, ero come rapita, quando sentì il respiro di Rocco sul mio collo che palpandomi il seno mi chiese se volessi vedere il suo di “albero”, che in quanto a bellezza non aveva nulla da invidiare.
Rimasi impietrita, non mi sarei mai aspettata una cosa del genere, soprattutto dal padre della mia amica Sara, pensai di scacciarlo via, ma lui mi fece notare che i miei capezzoli erano turgidi, che ero visibilmente eccitata e mentre mi bisbigliava porcate all’orecchie continuava a palparmi le mie tettone (ho una sesta) con sempre più foga. Finì per cedere alle sue voglie, complice anche la mia caviglia dolorante: mi alzò di peso per darmi la possibilità di aggrapparmi a quel magnifico albero di Natale mentre lui mi inculava con foga, dandomi della rotta in culo e dicendomi che quel coglione di mio padre non avrebbe avuto nulla da temere, che mi avrebbe lasciato la figa intatta, non avrebbe attentato alla mia verginità, gli bastava farmi il culo. Già, a lui bastava farmi il culo, ma a me no, infatti dopo 20 minuti trascorsi a farmi sfondare l’ano facendo su e giù sul suo bel cazzone gli chiesi di sverginarmi.
E’ stato bellissimo nonostante quella colata di sangue, umori e sborra: gli chiesi di venirmi dentro e darmi della puttana nel mentre. Impazzì di piacere nell’essere inondata della sua sborra calda, del tutto incurante del fatto di poter rimanere incinta. Per fortuna conclusa la scopata natalizia sotto l’albero, lui mi confessò di aver fatto la vasectomia, visto che aveva già 3 figli e non poteva permettersene altri. Una gran fortuna, visto che da allora con una scusa ci vediamo ogni sera e lui mi sborra dentro dopo avermi scopato in tutte le posizioni.
Spero che nessuno lo venga mai a sapere, a mio padre verrebbe un colpo e la mia amica Sara non mi guarderebbe neanche più in faccia..